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Cella per conservazione pellicole


lastregatta

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Salve! Sono una restauratrice di materiali fotografici , ultimamente sempre più di frequente consiglio ai miei clienti (musei- biblioteche-archivi) sempre con budget limitatissimi, di condizionare i locali (cosa spesso poco praticabile) o dotarsi di armadi climatizzati per  cercare di rallentare il degrado delle pellicole fotografiche in nitrato e acetato di cellulosa (tutte le pellicole fotografiche usate i primi 80 anni del 900, praticamente una quantità enorme). Gli armadi/celle dovrebbero mantenere una temperatura di 4 gradi e il 30% (o al massimo 40%) di umidità relativa. . Questo tipo di condizionamento allungherebbe di 18 volte l'aspettativa di conservazione dei materiali, per fare meglio (690 volte  a/v)  bisognerebbe andare a -20 e 25% che però temo sia terribilmente costoso...   mi potreste consigliare un"mercato di riferimento" per avere idea dei costi da prospettare ai miei clienti?

Elvira 

 

 

 

 

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Frigorista Carpi

dipernde dalle dimensioni della "cella"

Ci sono vetrinette fatte bene che con poco più di un migliaio di euro le porti via.

Ma se vai su grandi capacità e tutto un'altro discorso.

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Ciao Stregatta, una domanda, ma se l'umidità fosse inferiore a quella da te indicata ci sarebbero problemi di deterioramento delle pellicole?

Nel caso in cui una umidità inferiore al 25%, o comunque non controllata (nel senso di valore impostabile) ma sempre a valori molto bassi, potrebbe andare bene, considerando che sono pellicole, percui non vengono visionate da dentro l'armadio climatizzato ma devono essere tolte, probabilmente non c'è la necessità di avere delle vetrine; anche una porta non trasparente potrebbe andare bene.

A questo punto un apparecchio che mantenga all'interno una temperatura di -18/-20°C, con una bassa umidità, dotato di una porta non trasparente, con dei ripiani per poterci posare le pellicole..... si chiama congelatore a cassetti e cercando in rete li trovi da 150€ a salire.

Ciao

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AF1QipPyureq8V1gyW4WDsJMrhcCAPhxBXD9I_uhgrazie mille per l'attenzione, cerco qualche consiglio su "dove andare a parare"   Tutte le celle per usi alimentari - florovivaistici hanno UR troppo alte  per i materiali fotografici  (25-40% UR) Per le dimensioni ogni archivio ha esigenze diverse, mi piacerebbe riuscire a "inquadrare" qualche prodotto  di taglia piccola  (300 lt) media (2mc)  grande (5mc)   da indicare ai miei clienti, purtroppo la situazione conservativa dei materiali stà precipitando velocemente.  Il problema  fondamentale è il controllo dell'umidità, l' UR  non dovrebbe essere troppo bassa per via del fatto che la gelatina fotografica è  tenderebbe a creparsi  e se sale sopra il 60 il rischio di crescita di muffe e attacchi alla gelatina  (che quando ha avuto un passato travagliato è molto sensibile) è alto..Negli stati uniti  consigliano  per i piccoli volumi freezer no frost   in cui  mettere i materiali sigillati in sacchetti di plastica con cartine indicatrici dell'umidità (mentre Bill Gates tiene gli archivi Corbis addirittura in vecchie miniere supercondizionate). Scusate il "pippone"  ma mi vien male vedere (e sentire l'odore che ve lo regalo tutto)   dei materiali fotografici che iniziano a decomporsi anche perchè penso che , visto che sono di enti pubblici, sono un poco anche nostri . Vi allego una foto "a tema" 

 

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@ blueice Non dovremmo scendere sotto  al  25%  meglio il 30%.

Gli americani che son gente pratica hanno fatto parecchi studi comparati per costi di acquisto - gestione e resa sull'utilizzo di  celle attive (con controllo umidità) e passive .

Leggo  in un dettagliato articolo del 2004  che consigliano freezer Kenmore frost free, non capisco se all'epoca questi fossero gli unici freezer frost free o se abbiano  qualche tecnologia particolare, in italia non vedo distributori di questa marca  

Infine  per complicare la faccenda ecco spuntare  il freezer anti esplosione che sarebbe  da utilizzare  per i negativi in nitrato di cellulosa che in particolari condizioni possono essere un po' ehm.. esuberanti (bah a mio parere se  conservati sottozero non dovrebbero essere così reattivi ) vedo questo  e tremo all'idea del costo che potrebbe avere... http://www.directindustry.it/prod/tritec-gmbh/product-92255-881491.html .

 

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Ciao stregatta, iniziamo subito dall'esuberanza del nitrato di cellulosa. il freezer antideflagrante potrebbe avere un senso solo se è classificata almeno l'area che lo circonda e a questo punto ti dovrei chiedere, o meglio tu dovresti chiedere al tuo cliente, quale classificazione ATEX ha la zona intorno al freezer. Mi spiego meglio; dentro al freezer il cliente ripone delle sostanze che in particolari condizioni possono generare un esplosione o un incendio. Ma se queste sostanze possono generare un esplosione/incendio, a parte rendere sicuro l'interno del freezer, cosa succede quando si apre la porta? Presumo che l'operatore non avrà in mano un cannello da saldatore acceso mentre arpre il freezer, però il rischio di una scintilla è teoricamente possibile, nel qual caso, considerando le possibili concentrazioni di vapori, la quantità di sostanza esuberante ecc. ecc. si dovrebbe classificare il locale e la zona vicina. Però se stiamo solo nel campo delle probabilità teoriche, tutto o quasi è potenzialmente esplosivo, la farina, l'alluminio, anche la carta, ma non ho mai visto impianti antideflagranti nelle biblioteche.

Per un congelatore da laboratorio, ha sicuramente senso una versione antideflagrante, poichè ci si aspetta che all'interno vengano posti solventi o altre sostanze ben più reattive delle pellicole e probabilmente in quantità maggiori.

Prova a guardare magari cosa prescrive la direttiva ATEX per il tuo caso.

Per quanto riguarda invece il valore dell'umidità, prova a contattare direttamente qualche casa costruttrice (non i rivenditori che non capirebbero neanche di cosa stai parlando) di normali congelatori no frost, chiedendogli espressamente quale valore di umidità viene mantenuto all'interno, altrimenti segui il consiglio di Frigorista Modena o prendi in esame di far costruire qualcosa ad hoc per le tue esigenze.

Tutto o quasi si può fare a questo mondo, dipende solo da un fattore economico.

 

Ciao

 

Blueice

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  • 4 weeks later...
turista della democrazia

Mantenere costanti basse umidità relative in ambiente refrigerato non è semplicissimo, soprattutto in ambiente surgelati.

Tanto per fare un esempio  un'aria a 0°C  e 100% di umidità relativa riscaldata  a 22°C genera un'umidità relativa al 23%.

Quindi si passa da  punto di rugiada ad ambiente troppo secco, questo spiega il motivo per cui nonostante fuori ci sia la nebbia si mettano gli umidificatori sui termosifoni in casa.

In cella positiva 0/+4°C più o meno e senza accorgimenti particolarmente complessi si riesce a mantenere l'umidità voluta, in ambiente surgelati diventa un attimo più difficile, sono sufficienti pochi mg di acqua per m3 di aria per ottenere umidità relative già elevate.

In questa discussione si parla di frigo no frost , il concetto indicherebbe di raccogliere la brina sull'evaporatore ed avere un sistema di sbrinamento che la espella  senza incappare in fenomeni di evaporazione/ sublimazione durante lo sbrinamento stesso.

La cella deve essere posta un ambiente anche esso con temperatura/umidità controllate pena condensazione  al momento dell'apertura delle porte, il fenomeno sopra descritto in tal caso si manifesta al contrario, aria a  22°C ed un'umidità relativa 23% diventa aria al 100% di umidità quando entra in ambiente a 0°C.

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