esco Inserito: 14 ottobre 2010 Segnala Share Inserito: 14 ottobre 2010 esistono pannelli fotovoltaici serigrafati con l'immagine dei coppi per risolvere i problemi di vincolo con la Soprintendenza dei beni artistici e paesaggistici? Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Livio Orsini Inserita: 14 ottobre 2010 Segnala Share Inserita: 14 ottobre 2010 Ho visto la pubblicità di pannelli identici ai coppi, fatti proprio a questo scopo (almeno così recitava la pubblicità) Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
esco Inserita: 14 ottobre 2010 Autore Segnala Share Inserita: 14 ottobre 2010 Ho trovato questo articolo:Architettura e tecnologia: verso una progettazione integrataMolti processi edilizi ancora attualmente in uso fanno riferimento ad una tradizione edilizia sedimentata dai tempi dell’antichità romana. Non ci riferiamo qui ad aspetti meramente formali o tipologici ma alle tecniche edilizie vere e proprie. Certo l’innovazione tecnologica ha fatto sì che i laterizi utilizzati non siano quelli di duemila anni fa, ma la sostanza è rimasta pressoché invariata. Nel frattempo è cambiato il senso del comfort abitativo e la tecnologia degli impianti ha fornito le risposte alle nuove esigenze.Chiaramente l’inserimento di tecnologie nuove su edifici esistenti non può presentarsi che in forma di innesto. Non sono altrettanto chiare le ragioni per cui analogo atteggiamento debba essere mantenuto nella progettazione di nuovi edifici. Di fatto anche negli edifici di nuova costruzione gli impianti tecnologici appaiono come giustapposti all’architettura, comportando spesso compromessi estetici o funzionali di ripiego. Si continua a fare come se gli impianti venissero dopo, come se gli impianti non fossero contemporanei all’edificio, agendo sul nuovo come se fosse una preesistenza. Per fare un esempio che abbia il valore di una metafora si continua a fare un muro nuovo per poi romperlo con le tracce. Finché gli impianti sono interni e di poco impatto il problema potrebbe essere trascurato (potrebbe ma non dovrebbe). Ma laddove le esigenze da un lato (energetiche, di comfort, di servizi) e l’offerta tecnologica dall’altro diventino un fenomeno di massa (non una ma cento paraboliche) o richiedano vaste superfici di esposizione (diversi metri quadri per un impianto fotovoltaico o solare) ecco che la questione dell’integrazione della tecnologia nella architettura diventa un fatto di coscienza progettuale: non un problema di stile, più o meno ammiccante ad un linguaggio HiTech, ma, andando più a monte, da affrontare dal punto di vista metodologico.Metodologie progettuali ereditate dai tempi in cui l’architetto era il deus ex-machina della costruzione non sono più adeguate né alle sfide dei tempi né alla loro complessità. Il procedere delle innovazioni (nelle tecniche, nei materiali, negli impianti, nei bisogni) ha sottratto all’architetto il monopolio nel processo progettuale ma troppo spesso il progetto risulta la mera sommatoria di azioni disgiunte nel tempo ad opera di figure professionali distinte. Per gestire la complessità non solo occorrono professionalità specifiche: occorre che tali professionalità agiscano in modo integrato nel processo.Se una rivoluzione tecnologica è in atto occorre avviare un cambiamento radicale nell’atteggiamento progettuale per coglierne appieno i frutti.La tecnologia è parte dell’architettura, così come i suoi effetti fanno parte dell’abitare.Gli impianti giocano un ruolo così determinante da non poter più essere trattati quali oggetti utili e come tollerabili (o tollerate) superfetazioni dal punto di vista estetico.L’uso della tecnologia deve essere progettato assieme all’architettura.Ed è forse necessario progettare anche una tecnologia che si integri all’architettura.Non è importante decidere quale debba essere il ruolo svolto dagli impianti tecnologici nel complesso del valore architettonico dell’edificio (ostentazione? mimesi nel contesto?discreta presenza?).Determinante sarà invece procedere a passi serrati verso una progettazione integrata.L’integrazione degli impianti tecnologici in contesti storici è solo una specificazione del tema più generale relativo alla progettazione integrata.Il caso degli impianti fotovoltaici in centri storici è un’ulteriore specificazione, che ci auguriamo sia utile non solo per i risultati che qui si propongono ma anche per illustrare un approccio metodologico.La conservazione come vincolo, il vincolo come possibilitàIl delicato contesto dei centri storici italiani, caratterizzati dall’uso di materiali, tecniche, colori tradizionali, rende sempre difficoltoso l’inserimento di apparati tecnologici la cui necessità è data dalle generali condizioni del vivere contemporaneo. Se in qualche caso tale inserimento viene accolto in forza di una necessità stringente (si pensi agli interventi riguardanti le infrastrutture o in generale per la mobilità), in altre occasioni, proprio a causa del mancato riconoscimento di un’emergenza in corso, l’adozione di determinati apparati tecnologici non viene nemmeno presa in considerazione. Viene sempre fatto prevalere il principio della conservazione dell’aspetto urbano e le norme che regolano gli interventi edilizi (in ciò, ben inteso, rispondendo ad un sentire diffuso e condiviso) si fanno sempre più rigide mano a mano che certi fenomeni si presentano non più come casi isolati ma diventano fenomeni di massa. Si pensi alle macchine frigo per gli impianti di condizionamento: finché tali impianti costituivano delle eccezioni alla regola non rappresentavano certo un problema; nel momento in cui si è giunti ad un loro uso massiccio la loro presenza nel contesto urbano è diventata elemento da discutere e da regolamentare. Per fortuna il crescere della sensibilità rispetto alla conservazione dell’aspetto urbano nei centri storici è affiancato dal procedere dell’innovazione tecnologica: è grazie ai salti compiuti dalla tecnologia che è possibile sposare l’ormai acquisito senso minimo di comfort negli edifici con il rispetto del contesto. Alcuni impianti, sfruttando nuove tecnologie, sono diventati più discreti ed in grado di non aver alcun impatto sul contesto urbano. È chiaro che si debba intendere la riduzione degli impatti solo riguardo ai fenomeni visibili all’esterno: all’originalità del contesto tecnologico tout-court si è già rinunciato nel momento in cui la prima lampadina elettrica illuminò un edificio medievale. È altresì chiaro che proprio la presenza di vincoli spesso faccia da volano per la ricerca tecnologica e l’innovazione. È però importante che un vincolo conservativo definisca con chiarezza il proprio obiettivo per essere efficace: l’efficacia non dovrebbe essere misurata dalla difficoltà con cui una norma viene aggirata (secondo una percezione negativa, negante, della norma) ma, al contrario, con la molteplicità di azioni che la norma stessa consente avendo cura di salvaguardare valori preminenti. Gli sforzi non dovrebbero rivolgersi all’elusione di un vincolo ma indirizzati alla ricerca di soluzioni che consentano di rispettare pienamente il vincolo (nella sostanza) pur dovendo dar risposta all’insorgere di nuovi bisogni.I due volti della sostenibilità ambientale: energia e storiaUn bisogno insorgente è quello legato all’uso dell’energia, alla rinnovabilità delle fonti, all’impatto del loro uso. Possiamo parlare di bisogno nel momento in cui tale insieme di problemi smetta di essere solo un fenomeno culturale (dovuto alla sensibilità etica di ciascuno) e diventi un fatto economico e sociale?La non rinnovabilità delle fonti d’energia ha condotto ad un punto di insostenibilità economica: solo quest ultima, tirando la volata al tema dell’impatto sull’ambiente, sta conducendo ad apprezzabili risultati culturali ed economici. È quindi del tutto normale che la tecnologia si rivolga a fonti di energia affatto nuove ma se si vuole ancor più tradizionali. Per paradosso proprio gli edifici esistenti nei contesti storici sono quelli che richiedono un maggior impiego di energia per la propria gestione (in ragione delle volumetrie degli ambienti, dei materiali impiegati, della scarsa luminosità naturale che richiede di essere integrata artificialmente): il paradosso è che proprio laddove avviene il maggior dispendio di energia per assicurare le normali condizioni di comfort si concentrano i vincoli che impediscono o rendono difficile l’adozione di risposte tecnologiche contemporanee adeguate.L’utilizzo di pannelli fotovoltaici in contesti storiciL’inserimento di pannelli fotovoltaici standard è attualmente la risposta tecnologica più efficace ed immediatamente disponibile per far fronte ai bisogni di energia elettrica da fonti rinnovabili. In un contesto storico urbano tale inserimento appare tuttavia del tutto improbabile volendo far prevalere gli aspetti conservativi.Forse è un paradosso che proprio da un edificio che fa della conservazione la propria missione, la Pinacoteca di Bologna, che nasce lo spunto della nostra ricerca: i fenomeni sono tra loro perfettamente interrelati: l’unica Pinacoteca in ambito nazionale capace di fregiarsi della climatizzazione di tutte le sale espositive (necessità conservativa delle opere d’arte) ha, per diretta conseguenza, anche un poco invidiabile primato per la bolletta energetica (problema economico), e non può adottare un sistema fotovoltaico standard (risposta tecnologica) a causa della propria posizione all’interno di un centro storico di pregio (necessità conservativa del contesto storico urbano) oltre che per il valore stesso dell’edificio in cui ha sede (necessità conservativa del valore storico testimoniale del singolo edificio).L’obbiettivo progettuale:la soddisfazione del vincoloI diversi termini al momento tra loro in perfetto equilibrio non sono in irrimediabile conflitto. La nostra proposta progettuale interviene sulla risposta tecnologica (evoluzione dei pannelli fotovoltaici) , mediando tra il rispetto del contesto urbano (pannelli fotovoltaici a basso impatto visivo nei contesti storici urbani), efficienza energetica (il pannello progettato ha una resa diminuita rispetto agli standard), investimento economico (il pannello progettato proprio per il valore estetico aggiunto ha dei costi superiori agli standard e ha dunque tempi prolungati per ammortizzare l’investimento iniziale).Riteniamo che la sussistenza di un vincolo posto per preservare l’impatto visivo complessivo delle coperture dei centri storici, caratterizzati dalla presenza dei coppi con determinate caratteristiche cromatiche, dimensionali e di forma, possa essere non aggirato ma al contrario pienamente soddisfatto dall’uso di pannelli serigrafati che restituiscano la percezione di dette caratteristiche cromatiche, dimensionali e di forma.La pregnanza del vincolo: percezione o essenza?Il nodo da sciogliere è se si vuole preservare la percezione di un contesto ovvero la sua sostanza. Ad esempio l’imposizione in certi contesti dell’uso di coppi nuovi che simulino vetustà (disponibili sul mercato perché rispondenti ad una diffusa esigenza culturale) porta all’ostentazione di un falso dal punto di vista della sostanza ma soddisfacente dal punto di vista della percezione. È chiaro che la proposta di sostituire una copertura a coppi non con degli altri coppi “finto-vecchi” ma con pannelli che ne riproducano l’immagine è questione di tutt’altro spessore. Ma va aggiunto che nel caso del coppo in stile il “falso” risponde ad un solo bisogno di carattere estetico percettivo; nel caso dei pannelli fotovoltaici serigrafati il “falso”, cercando di rispondere al medesimo bisogno estetico percettivo, pur perdendo la sostanza della forma, ha un valore aggiunto: la produzione di energia.La domanda attorno alla quale ragionare è di carattere culturale: è accettabile o meno l’uso di pannelli che simulino la presenza di coperture tradizionali nei nostri contesti storici (rispondendo all’esigenza estetica e percettiva) pur avendo natura sostanziale del tutto diversa dall’originale? In Italia, terra di conservazione e di partigianeria, il dibattito finirebbe ben presto per arrotolarsi su se stesso, sviluppandosi con argomentazioni varie e contrastanti parzialmente comuni a quelle generate attorno alle decisioni relative alla ricostruzione fedele nel caso di edifici del passato crollati o danneggiati (meglio un edificio nuovo che simuli il vecchio – ovvero un falso – o meglio qualcosa di nuovo che non simuli che se stesso, che denunci la propria alterità?) Ma la domanda iniziale non può esaurire l’argomento e sbloccare il dibattito se non accompagnata da un’altra: è eticamente accettabile o meno escludere a priori l’utilizzo di pannelli fotovoltaici nei nostri centri storici laddove sussista una riposta progettuale adeguata a far salve le esigenze di mitigazione degli impatti visivi?.Il nostro progetto vuole fornire una mediazione di carattere tecnico ad un’esigenza etica ed economica, non costituire una battuta nel possibile dibattito culturale.L’uso della serigrafia per la riduzione degli impatti visiviL’uso di pannelli fotovoltaici integrati nel tetto (ovvero posti in sostituzione dei coppi in una porzione della falda) rappresenta la risposta più conveniente per la produzione di energia elettrica. Per ridurre l’impatto visivo dato dall’utilizzo dei pannelli standard è possibile utilizzare una serigrafia che restituisca l’effetto dei coppi integrata alla tecnologia CIS. La tecnologia CIS (rame, indio, selenio) fornisce un rendimento di 80 Watt a panello.Con opportuni accorgimenti tecnici è possibile ottenere pannelli fotovoltaici a basso impatto visivo e con un rendimento soddisfacente.L’evoluzione di un’idea: il problema geometricoI pannelli fotovoltaici serigrafati sono stati realizzati per una maggiore integrazione con l’architettura: nel caso di edifici di nuova costruzione utilizzando pattern decorativi con motivi contemporanei e trasparenze; su edifici esistenti ed in contesti storici simulando la presenza di materiali tradizionali (murature in laterizio, in pietra, etc). Altrove la serigrafia è stata indirizzata ad un uso strettamente grafico (comunicazione pubblicitaria, insegne, allestimenti).Appare chiaro che in uno dei casi (ovvero nella simulazione di superfici edilizie tradizionali) ottenere risultati estetici soddisfacenti non presenta grandi difficoltà: si simula la presenza di una superficie piana (una parete) con l’immagine riprodotta su un’altra superficie piana (il pannello).Poichè questa tecnica è stata sviluppata in Germania (in cui, per latitudine, il posizionamento dei pannelli in verticale è ammissibile dal punto di vista del rendimento) non è stato fin’ora affrontato il tema della simulazione di manti di copertura.La creazione di un immagine soddisfacente che simuli la presenza di coppi (che possono nell’insieme essere assimilati ad una superficie corrugata)è più complessa: la percezione dei dati tridimensionali è variabile a seconda dei punti di vista.Per ottenere un risultato efficace, non essendo possibile soddisfare tutti i punti di vista possibili con un’unica immagine, si è deciso di soddisfare solo i punti di vista più probabili: sono stati esclusi quelli compresi tra la vista zenitale (possibile da un elicottero, quindi al tempo stesso poco probabile e sufficientemente lontana da non consentire la percezione dei dettagli) e quella ortogonale alla falda (l’unica vista in cui si perde la percezione della curvatura del coppo).La credibilità della resa cromaticaDal punto di vista dei colori un tetto in coppi è caratterizzato al tempo stesso dai valori dell’omogeneità dell’insieme e della varietà dei singoli pezzi. La percezione dei pannelli serigrafati deve restituire la medesima impressione per assicurare un efficace riduzione degli impatti visivi.L’effetto di omogeneità e di varietà può essere ottenuto per il tramite della ripetizione random di singoli pezzi diversi: è il caso delle coperture con coppi vecchi le cui caratteristiche cromatiche sono contenute in un range di variabilità, al contrario dei coppi nuovi di produzione industriale sostanzialmente omogenei dal punto di vista cromatico e formale.La ripetizione in serie di un pannello che riproduca non il singolo pezzo ma un insieme di pezzi (nella fattispecie una dozzina di coppi) può generare uno sgradevole effetto pattern in cui la ricorrenza della matrice di base (il modulo intero) va ad interferire con la vista d’insieme.per evitare l’effetto pattern è stata creata una matrice di base in cui le differenze tra le singole tessere rappresentate sono state attenuate comprendendo un certo numero di ripetizioni all’interno della serie di base del medesimo modulo, ottenendo così un effetto random mediante la ripetizione di una serie.Efficienza energetica e soddisfazione esteticaL’efficienza energetica dei pannelli è dovuta alla presenza di aree nere all’interno dell’immagine di base. La dimensione dei diametri e l’estensione dell’area nera sono in relazione all’efficienza energetica del pannello.La scelta della quota di area nera sui pannelli influisce sul risultato estetico finale. A parità di estensione dell’immagine la dimensione dei diametri influisce sulla percezione dei punti singoli a distanza. La dimensione dei diametri deve oltretutto essere scelta al fine di evitare l’effetto Moirè (interferenza di una texture geometrica e con effetto ottico dinamico sulla texture di base)Il punto di equilibrio: il pannello prototipoIl modulo di base misura 60 cm x 120 cm. Comprende 5 cm per la sovrapposizione dei pannelli stessi (in modo tale da favorire lo sgrondo delle acque meteoriche).La resa finale di un pannello con queste caratteristiche grafiche in termini energetici è pari al 65%-70% di quella ottenibile a parità di condizioni da un pannello standard completamente nero.La qualità dell’immagine di base è tale da minimizzare l’impatto visivo dei pannelli in un contesto storico.L’immagine del pannello prototipo è stata studiata per soddisfare la riduzione dell’impatto visivo in un preciso contesto (la Pinacoteca Nazionale di Bologna) pertanto tutte le caratteristiche geometriche e cromatiche sono legate a quel particolare contesto.Progetto pilota: la Pinacoteca Nazionale di BolognaLa Pinacoteca di Bologna ha richiesto uno studio di fattibilità per l’inserimento di pannelli fotovoltaici sulle proprie coperture.L’esigenza principale (abbattimento della bolletta energetica molto elevata anche in ragione della climatizzazione di tutte le sale espositive - caso unico in Italia per le gallerie Nazionali) doveva sposarsi all’esigenza di minimizzare l’impatto visivo dei pannelli sul coperto.Appare chiaro che l’adozione di sistemi tradizionali (simulata nell’immagine in basso a sinistra) non sia accettabile data la delicatezza del contesto in cui l’edificio si trova e date le caratteristiche stesse dell’edificio stesso, di per sè sottoposto a vincolo dalla Dlgs 42/2004.Nonostante una serie di condizioni favorevoli delle falde (ottima esposizione, mancanza di camini e canne che assicurano continuità al piano di falda e quindi ottimizzazione della posa dei campi fotovoltaici, posizione di predominanza in altezza delle falde rispetto agli edifici circostanti), l’uso di sistemi standard non è proponibile.La proposta di utilizzare pannelli fotovoltaici serigrafati sembra l’unica in grado di poter mediare tra tutte le esigenze in campo.La valutazione degli impatti: l’attendibilità delle simulazioniL’obiettivo del progetto di fattibilità, oltre a valutazioni di ordine economico (legate al rendimento in termini energetici dei pannelli, al costo degli stessi ed ai tempi di ammortamento dell’investimento iniziale dovuti tanto alla combinazione dei due primi fattori quanto alle forme di incentivo economico attualmente disponibili) è soprattutto quello di verificare l’abbattimento degli impatti visivi dei campi fotovoltaici.Potendo procedere a questa valutazione solo attraverso l’analisi di modelli di studio virtuali il primo passo è consistito nella creazione di un modello tridimensionale della Pinacoteca.La attendibilità delle simulazioni di inserimento ambientale, ovvero la prossimità dei risultati di inserimento sperimentati sul modello con la realtà possibile futura, è testimoniata dalla sequenza di immagini sulla destra: le differenze percepibili tra l’immagine reale (in alto), il modello (al centro) ed il modello inserito nel contesto (in basso) è minima.Allo stesso modo quindi ci si attende che l’impatto dei pannelli fotovoltaici serigrafati così come si evince dalle simulazioni di inserimento non sarà troppo dissimile dalla realtà qualora questo sistema dovesse essere adottato.I campi fotovoltaici sul tetto della Pinacoteca di BolognaL’individuazione delle superfici utili all’installazione dei campi foltovoltaici è avvenuta attraverso lo studio del modello, verificando i diversi piani di posa, l’eventuale interferenza di coni d’ombra, le sovrapposizioni dei moduli di dimensione standard.Per attenuare ulteriormente l’impatto dei pannelli si è deciso di compensare le porzioni di falda poste in prossimità dei colmi, displuvi e compluvi, non adatte all’accoglimento di pannelli fotovoltaici a causa della geometria “di risulta” sia per forma (porzioni triangolari in prossimità di compluvi e displuvi) sia per dimensione (ovviamente la profondità delle falde non è un multiplo esatto del modulo fotovoltaico) con pannelli di vetro serigrafati, quindi non attivi dal punto di vista energetico. L’utilizzo di questi pannelli in vetro (in evidenza in colore verde nelle immagini sottostanti) evita il diretto contatto tra i pannelli e i coppi veri in una falda: in tal modo ciascuna falda risulterà essere più omogenea e la differenze tra i coppi e i pannelli meno evidente.A fronte di una superficie stimata di oltre 1000 mq utili per i campi fotovoltaici è stato possibile con esattezza prevedere la posa di 1713 pannelli fotovoltaici, calcolando le sovrapposizioni tra un pannello e l’altro ed escludendo dal computo, naturalmente, i pannelli in vetro di raccordo.La riduzione degli impatti: un risultato apprezzabileDa una panoramica delle falde poste su piazza Puntoni della Pinacoteca nello stato attuale (panoramica ottenuta mediante la ricostruzione di più scatti fotografici per ottenere un angolo visuale più esteso) mette in evidenza in primo luogo la qualità del dettaglio percepibile dalla posizione più prossima alle falde stesse, ovvero dalle terrazze dell fabbricato vicino. Si può notare come già ad una distanza relativamente piccola (nell’ordine dei 10-15 metri) si perda la percezione del singolo coppo e siano evidenti i soli dati cromatici (omogeneità dell’insieme). Il confronto tra la falda sud e quella est (a destra nell’immagine in primo piano) manifesta quanto differenze cromatiche tra falde “vere” siano un fenomeno già presente..Dalla simulazione dell’inserimento in falda dei pannelli fotovoltaici serigrafati non solo non sono riscontrabili notevoli differenze nel confronto tra lo stato attuale e lo stato in progetto (confronto ovviamente possibile solo in modo teorico e su modelli) ma le differenze tra falde “vere” e quelle dotate di pannelli risultano essere assai contenute, al pari delle differenze riscontrabili nella situazione attuale e dovute ad una differente incidenza della luce sui singoli coppi. Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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