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Al via il Regolamento europeo sull'industria a zero emissioni

Ambiente e clima: il progressivo degrado del primo e la crescente

velocità con cui sta cambiando il secondo dicono che avremmo dovuto

agire prima e non possiamo permetterci ulteriori ritardi. L'aumento e

le gravi conseguenze del surriscaldamento globale, con l'incremento

della frequenza di incendi spontanei, siccità, ondate di calore, uragani,

tempeste, e tanto altro segnano l'urgenza e la necessità di uscire

rapidamente dall'era del carbonio. Di qui la severità della politica europea e la rapidità con cui vengono predisposti e approvati interventi sempre più stringenti in materia.

Ultimo il Net Zero Industry Act (NZIA), titolo del Regolamento europeo sull'industria a zero emissioni, considerato da molti osservatori un elemento costitutivo, essenziale per la sostenibilità della politica economica comunitaria.

Approvato dal Consiglio UE il 27 maggio scorso, a un mese di distanza dalla precedente approvazione data dal Parlamento il 27 aprile a grande maggioranza, con 361 voti favorevoli, 121 contrari e 45 astensioni, il provvedimento, ora in corso di pubblicazione nella GUUE, si prefigge di fare da apripista della politica globale in materia.

A tal fine facendo in modo che il Vecchio Continente contribuisca esemplarmente alla lotta contro il cambiamento climatico e al miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo nel contempo la propria dipendenza dall'approvvigionamento estero di energia, materiali, manufatti e tecnologie, rafforzando, così strategicamente, l'autonomia dalle forniture e l'occupazione.

Per rispettare il Green Deal è necessario, infatti, realizzare e installare una grande quantità interventi e impianti tecnologici verdi, i cui componenti l'Europa sta importando in misura crescente.

Per cui molti paesi terzi, Cina in testa, stanno accrescendo le loro esportazioni ed espandendo la loro capacità di produzione di tecnologie pulite.

La nuova legge ha l'obiettivo, quindi, di contrastare questo trend, costituendo un framework normativo, aggiornato e propizio, che
possa supportare la rapida espansione della capacità di produzione di tecnologie verdi, per consentire all'UE di raggiungere più economicamente il traguardo dell'azzeramento delle emissioni nette a metà scolo.

Allo scopo, coniugando azioni che accompagnino il phase out dai combustibili fossili, evitino di contrarre nuove e diverse dipendenze tecnologiche extra-Ue e rendano il sistema energetico europeo pulito, sicuro e resiliente, servito da fonti energetiche interne, sostenibili e convenienti.

Pertanto, l'Industry Act stabilisce che, a fine decade, 2/5 del fabbisogno annuo di tecnologie a emissioni net zero, come pannelli fotovoltaici, turbine eoliche, batterie e pompe di calore, sia coperto con produzione interna.

Ciò, coerentemente con quanto già previsto dagli aggiornamenti dei PNIEC (Piani Nazionali Integrati Energia e Clima) e in quantità tale che questa produzione arrivi a costituire entro il 2040 il 15% del valore del mercato mondiale delle tecnologie net zero.

ITER SEMPLIFICATI PER ACCRESCERE AUTONOMIA E RESILIENZA
Al proposito il Regolamento istituisce un quadro di misure, tese a rafforzare il sistema europeo del settore, indispensabili per raggiungere i traguardi climatici europei e attuare i percorsi e i processi di decarbonizzazione industriale, stabiliti al 2030, 2040 e 2050, introducendo condizioni favorevoli agli investimenti in tecnologie green.

Come detto, una delle ragioni che ha portato alla stesura e approvazione del provvedimento deriva dal fatto che per raggiungere gli obiettivi climatici comunitari l'UE deve impiegare un volume imponente di tecnologie net zero in molteplici settori. Questo a fronte della situazione attuale che vede l'Europa pesantemente condizionata e dipendente dalle importazioni estere.

Aumentare la quota prodotta internamente significa, infatti, accrescere l'autonomia produttiva e assicurare alla transizione energetica requisiti di maggior efficienza ed efficacia economica.

Un esercizio peraltro molto difficile, specie nel breve termine, visto che molti osservatori ritengono impensabile, allo stato attuale, immaginare di poter competere con numerose soluzioni e produzioni estere, fortemente avanzate e affermate, in particolare cinesi.

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