Articolo
A che punto siamo con la transizione energetica?
Cosa ci dicono i dati statistici sull'evoluzione temporale dei consumi energetici e delle fonti che li soddisfano?
Sono passati circa 27 anni dalla pubblicazione del Protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale che prevedeva impegni in termini di riduzione delle emissioni di gas clima alteranti. Ne mancano circa altrettanti all'anno 2050, indicato dall'IPCC come data ultima per raggiungere la completa "decarbonizzazione" del pianeta, condizione indispensabile per evitare conseguenze climatiche potenzialmente catastrofiche. Siamo quindi a metà strada dell'auspicato cammino virtuoso verso l'annullamento delle emissioni di gas clima alteranti e pare utile fare un bilancio per capire quali siano le prospettive di successo.
Dai dati pubblicati dall' Energy Institute Statistical Review of World Energy relativi allo scorso anno (2023), emerge un quadro sconfortante:
- La domanda annuale di energia primaria mondiale è in continua crescita ed ha raggiunto nel 2023 il valore record di 620 EJ
- Il contributo al soddisfacimento di tale domanda fornito dai combustibili fossili, i responsabili della gran parte (87,5%) delle emissioni di gas clima alteranti, è stato pari a 81,5%, mentre quello delle "altre rinnovabili" (tutte, escluse l'idroelettrico, vale a dire sole, vento, geotermia, biomasse, ecc.), le fonti su cui si basa gran parte dell'auspicata transizione energetica, è di poco superiore all'8%.
- Come ovvia conseguenza, le emissioni annue di CO2 legate alla combustione dei fossili hanno anch'esse superato nel 2023 il valore record, oltre 35.000 Mton.
Purtroppo, anche i dati provvisori relativi al 2024 confermano le tendenze sopra illustrate (temperature medie ed emissioni in crescita).
Né inducono all'ottimismo sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del pianeta nei tempi brevi auspicati da tanti
organismi internazionali gli insoddisfacenti dati di vendita delle auto elettriche e delle pompe di calore e il deludente svolgimento della COP 29.
Anche guardando l'evoluzione temporale delle emissioni, si traggono segnali poco incoraggianti: l'andamento nell'ultimo decennio (fig.1 nel PDF) mostra una continua crescita, l'unico calo si è registrato nell'anno Covid (2020) ed è stato prontamente riassorbito da una maggior crescita nell'anno seguente.
La figura mostra come gli effetti della (modesta) diminuzione (-1,2% all'anno) registratasi nei Paesi OECD sono stati vanificati dall'impetuosa crescita (+2,1% all'anno) nei Paesi non-OECD, che sono oramai i principali responsabili (68%) delle emissioni mondiali.
Il peso dell'UE è del 7,2%, quello italiano inferiore all'1%.
La realtà dei numeri è impietosa ed evidenzia che ad oggi le politiche e gli incentivi adottati per favorire un'effettiva transizione energetica sono in larga parte falliti: l'economia mondiale continua a richiedere consumi crescenti dei combustibili fossili.
Un esempio che chiarisce molto bene la situazione è rappresentato in fig.2 (nel PDF): il consumo di carbone, il combustibile fossile più dannoso, è in costante crescita e continua a dominare la scena (King Coal) nella produzione elettrica mondiale (fig.3 nel PDF).
Continua nel PDF
Sono passati circa 27 anni dalla pubblicazione del Protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale che prevedeva impegni in termini di riduzione delle emissioni di gas clima alteranti. Ne mancano circa altrettanti all'anno 2050, indicato dall'IPCC come data ultima per raggiungere la completa "decarbonizzazione" del pianeta, condizione indispensabile per evitare conseguenze climatiche potenzialmente catastrofiche. Siamo quindi a metà strada dell'auspicato cammino virtuoso verso l'annullamento delle emissioni di gas clima alteranti e pare utile fare un bilancio per capire quali siano le prospettive di successo.
Dai dati pubblicati dall' Energy Institute Statistical Review of World Energy relativi allo scorso anno (2023), emerge un quadro sconfortante:
- La domanda annuale di energia primaria mondiale è in continua crescita ed ha raggiunto nel 2023 il valore record di 620 EJ
- Il contributo al soddisfacimento di tale domanda fornito dai combustibili fossili, i responsabili della gran parte (87,5%) delle emissioni di gas clima alteranti, è stato pari a 81,5%, mentre quello delle "altre rinnovabili" (tutte, escluse l'idroelettrico, vale a dire sole, vento, geotermia, biomasse, ecc.), le fonti su cui si basa gran parte dell'auspicata transizione energetica, è di poco superiore all'8%.
- Come ovvia conseguenza, le emissioni annue di CO2 legate alla combustione dei fossili hanno anch'esse superato nel 2023 il valore record, oltre 35.000 Mton.
Purtroppo, anche i dati provvisori relativi al 2024 confermano le tendenze sopra illustrate (temperature medie ed emissioni in crescita).
Né inducono all'ottimismo sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del pianeta nei tempi brevi auspicati da tanti
organismi internazionali gli insoddisfacenti dati di vendita delle auto elettriche e delle pompe di calore e il deludente svolgimento della COP 29.
Anche guardando l'evoluzione temporale delle emissioni, si traggono segnali poco incoraggianti: l'andamento nell'ultimo decennio (fig.1 nel PDF) mostra una continua crescita, l'unico calo si è registrato nell'anno Covid (2020) ed è stato prontamente riassorbito da una maggior crescita nell'anno seguente.
La figura mostra come gli effetti della (modesta) diminuzione (-1,2% all'anno) registratasi nei Paesi OECD sono stati vanificati dall'impetuosa crescita (+2,1% all'anno) nei Paesi non-OECD, che sono oramai i principali responsabili (68%) delle emissioni mondiali.
Il peso dell'UE è del 7,2%, quello italiano inferiore all'1%.
La realtà dei numeri è impietosa ed evidenzia che ad oggi le politiche e gli incentivi adottati per favorire un'effettiva transizione energetica sono in larga parte falliti: l'economia mondiale continua a richiedere consumi crescenti dei combustibili fossili.
Un esempio che chiarisce molto bene la situazione è rappresentato in fig.2 (nel PDF): il consumo di carbone, il combustibile fossile più dannoso, è in costante crescita e continua a dominare la scena (King Coal) nella produzione elettrica mondiale (fig.3 nel PDF).
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Ennio Macchi - Politecnico di Milano
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