Articolo
Rilascio di biocombustibile liquido da pompa di trasferimento. Un caso studio relativo alla classificazione della zona Atex
Il bioetanolo, ricavato dalle biomasse, è un biocombustibile liquido, che può essere miscelato con la benzina e usato in parecchi settori, come il riscaldamento, l'autotrazione, etc. Tuttavia, i rilasci accidentali di bioetanolo potrebbero essere pericolosi, perché potrebbero generare incendi di pozza o formazione di atmosfere potenzialmente esplosive (evaporazione da pozza). L'articolo è focalizzato su un caso studio, finalizzato alla classificazione della zona Atex, che potrebbe essere generata da una potenziale sorgente di emissione del biocombustibile liquido. INTRODUZIONE
L'Unione Europea ha definito degli obiettivi, nell'ambito del quadro per il clima e l'energia, che devono essere raggiunti entro il 2030 dagli Stati Membri.
Tra questi è presente la copertura, mediante l'utilizzo di fonti rinnovabili, di una quota pari al 32% del loro fabbisogno energetico.
In questo contesto possono rivestire un ruolo strategico i biocombustibili, tra i quali va annoverato il bioetanolo, prodotto da biomasse.
Da ciò nasce un'attenzione verso i potenziali pericoli, derivanti dai rilasci accidentali di questo vettore energetico, poiché la
sua evaporazione potrebbe generare delle atmosfere potenzialmente esplosive.
In Italia, fu emanato nel 2013 il Decreto n°139 per la semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti di produzione di biocarburanti, le cosiddette "bioraffinerie".
Il suddetto atto legislativo disciplina gli impianti di seconda e terza generazione per la produzione di biocombustibili e prodotti biochimici ad alto valore aggiunto e snellisce gli iter burocratici necessari per la realizzazione di questi insediamenti produttivi.
Ciò ha consentito di promuovere le "bio-produzioni" nel nostro Paese e, nel contempo, ha facilitato gli investimenti in tale settore, anche se ulteriori sforzi saranno richiesti per uniformarsi al quadro europeo.
L'impianto, oggetto dell'articolo, è una bioraffineria, situata nell'Italia settentrionale, che produce bioetanolo, utilizzando biomasse lignocellulosiche, non destinate al consumo alimentare, e residui agricoli.
Tale biocombustibile viene miscelato in proporzioni variabili nei carburanti (benzina) per l'autotrazione ed è utilizzato in
numerose applicazioni industriali e civili (riscaldamento).
Lo sviluppo di questi nuovi insediamenti produttivi (bioraffinerie) pone, però, alcuni problemi di valutazione e gestione del rischio, che vanno attentamente considerati, onde evitare incidenti, che potrebbero generare ripercussioni negative su un settore molto interessante per l'economia nazionale per svariati motivi (indipendenza energetica, valorizzazione di terreni marginali per la produzione agro-industriale, sviluppo occupazionale in tutta la filiera impiantistica, etc.).
Il presente lavoro, prendendo spunto dal crescente interesse verso la nuova realtà delle bioraffinerie, è focalizzato sulla classificazione (è un obbligo spettante al datore di lavoro ai sensi dell'Art. 293, comma 1 del D. Lgs. 81/08) delle zone Atex, che potrebbero essere generate da rilasci accidentali di bioetanolo da potenziali sorgenti di emissione (SE), presenti nell'impianto.
In particolar modo, nel caso studio sono state considerate, come SE, le pompe centrifughe destinate al trasferimento del suddetto biocombustibile verso le aree di carico dei vagoni ferroviari e delle autocisterne.
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L'Unione Europea ha definito degli obiettivi, nell'ambito del quadro per il clima e l'energia, che devono essere raggiunti entro il 2030 dagli Stati Membri.
Tra questi è presente la copertura, mediante l'utilizzo di fonti rinnovabili, di una quota pari al 32% del loro fabbisogno energetico.
In questo contesto possono rivestire un ruolo strategico i biocombustibili, tra i quali va annoverato il bioetanolo, prodotto da biomasse.
Da ciò nasce un'attenzione verso i potenziali pericoli, derivanti dai rilasci accidentali di questo vettore energetico, poiché la
sua evaporazione potrebbe generare delle atmosfere potenzialmente esplosive.
In Italia, fu emanato nel 2013 il Decreto n°139 per la semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti di produzione di biocarburanti, le cosiddette "bioraffinerie".
Il suddetto atto legislativo disciplina gli impianti di seconda e terza generazione per la produzione di biocombustibili e prodotti biochimici ad alto valore aggiunto e snellisce gli iter burocratici necessari per la realizzazione di questi insediamenti produttivi.
Ciò ha consentito di promuovere le "bio-produzioni" nel nostro Paese e, nel contempo, ha facilitato gli investimenti in tale settore, anche se ulteriori sforzi saranno richiesti per uniformarsi al quadro europeo.
L'impianto, oggetto dell'articolo, è una bioraffineria, situata nell'Italia settentrionale, che produce bioetanolo, utilizzando biomasse lignocellulosiche, non destinate al consumo alimentare, e residui agricoli.
Tale biocombustibile viene miscelato in proporzioni variabili nei carburanti (benzina) per l'autotrazione ed è utilizzato in
numerose applicazioni industriali e civili (riscaldamento).
Lo sviluppo di questi nuovi insediamenti produttivi (bioraffinerie) pone, però, alcuni problemi di valutazione e gestione del rischio, che vanno attentamente considerati, onde evitare incidenti, che potrebbero generare ripercussioni negative su un settore molto interessante per l'economia nazionale per svariati motivi (indipendenza energetica, valorizzazione di terreni marginali per la produzione agro-industriale, sviluppo occupazionale in tutta la filiera impiantistica, etc.).
Il presente lavoro, prendendo spunto dal crescente interesse verso la nuova realtà delle bioraffinerie, è focalizzato sulla classificazione (è un obbligo spettante al datore di lavoro ai sensi dell'Art. 293, comma 1 del D. Lgs. 81/08) delle zone Atex, che potrebbero essere generate da rilasci accidentali di bioetanolo da potenziali sorgenti di emissione (SE), presenti nell'impianto.
In particolar modo, nel caso studio sono state considerate, come SE, le pompe centrifughe destinate al trasferimento del suddetto biocombustibile verso le aree di carico dei vagoni ferroviari e delle autocisterne.
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Roberto Lauri - Inail
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