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Al via l'ecodesign, prima leva della circolarità
Molta strada è stata percorsa da quando si è iniziato a discutere di analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment - LCA). Già dai primi anni '60, caratterizzati dall'eccesso di consumismo seguito al temine del secondo conflitto mondiale, anche come reazione alle sofferenze subite e alla scarsità dei beni verificatasi negli anni precedenti. Vettore di fondo è stato il crescente inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, con effetti sempre più allarmanti.
Tra di essi il ricorrere all'epoca del fenomeno dello smog, specie a Londra.
Una nebbia scura e tossica che avvolgeva periodicamente la capitale, dovuta all'impiego del carbone nei focolari domestici, frammisti a quelli industriali, mescolati in quegli anni all'interno del tessuto urbano, generando episodi parossistici.
Di essi è noto in particolare quello del dicembre del 1952, quando una cortina densa e maleodorante ricadde sulla città, restandoci per alcuni giorni e producendo migliaia di decessi e centinaia di migliaia di ammalati, che obbligarono a prendere coscienza del progressivo deteriorarsi di condizioni diventate insostenibili.
Un evento, questo ed altri, che obbligò la comunità scientifica ad approfondire le questioni poste dall'uso sconsiderato delle risorse e a proporre l'adozione di forme regolamentari.
Ne sono esempio in Italia la legge antismog, la 615 del 13 luglio 1966 "Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico", dieci anni dopo l'altrettanto famosa legge Merli del 10 maggio 1976 "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento" e tanti altri provvedimenti contemporanei e successivi.
Conseguenze di studi e ricerche avviati nel periodo, come quello famoso commissionato dal Club di Roma nel 1972 al MIT, Massachusetts Institute of Technology, e numerosi altri predisposti negli anni da organizzazioni pubbliche e private impegnate nella materia (1).
In particolare l'ancora più famoso Rapporto Bruntland "Our Common Future" del 1987, elaborato dalla World Commission on Environment and Development, costituita dall'ONU nel 1983, nel quale venne introdotto per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile.
Tra le numerose ricerche e attività che ne sono derivate nel periodo successivo, assai innovativa è stata l'attività di ZERI - Zero
Emission Research and Initiatives.
Una serie di ricerche svolte da una rete internazionale di 3000 tecnologi ed economisti, costituita per iniziativa di Gunter Pauli, indirizzate allo sviluppo di nuovi processi produttivi di elevata qualità, dove gli scarti di un processo vengono utilizzati come materie prime per un altro in un circuito che minimizza il rilascio di rifiuti e il conseguente carico che grava sull'ambiente. In tal modo traguardando l'obiettivo di avvicinare uno zero molteplice.
Zero scarti ed emissioni, per l'alta conversione di materiali ed energia, un conseguente zero impatto sull'ecosistema e zero incidenti per l'alta sicurezza che assicura la grande qualità. Un'espressione "Net Zero", ora molto familiare come slogan del Green Deal, per intendere il raggiungimento di zero emissioni nette di gas serra a metà secolo, all'epoca considerato però un obiettivo teorico e avveniristico.
Pure perché implicava la pretesa, ritenuta eccessiva e utopistica, di conoscere completamente, in tutti i loro aspetti e dettagli, i sistemi i processi produttivi nel loro svolgimento e percorso. Nel loro intero ciclo, come si dice, dalla culla alla tomba, ovvero dall'estrazione delle materie prime, al loro trasporto, alla fabbricazione dei manufatti, alla distribuzione, all'uso, riuso, demolizione, riciclo, smaltimento e neutralizzazione dei rifiuti.
LA TRENTENNALE AZIONE DELL'LCA
Di qui la nascita della LCA e dei suoi metodi di analisi con procedimenti oggettivi di valutazione dei carichi energetici ed ambientali relativi ad uno specifico processo o attività nei vari segmenti, tramite l'identificazione dei materiali impiegati, dell'energia e degli scarti associati ad ogni singolo passaggio.
Una necessità resa indispensabile dalla pressante questione ambientale e dal riscaldamento globale che ne rappresenta l'aspetto più emblematico.
Utilizzata dai primi anni '90, l'LCA è una prassi ormai molto diffusa, a seguito della pubblicazione delle prime linee guida nel 1993 e alla successiva pubblicazione delle norme ISO della serie 14000 sui sistemi di gestione ambientale a partire dal 1996.
Dunque, un trentennio, durante il quale molta acqua è passata sotto i ponti per merito del lavoro collettivo e del continuo sforzo degli stakeholder (2).
Così nel frattempo la codificazione della metodologia si è ampliata e ramificata, andando ben oltre gli inizi, quando le valutazioni riguardavano sostanzialmente il consumo delle risorse materiali, in primis energetiche, e l'entità dei rifiuti solidi generati dai processi. In tal modo, oggi l'attuale LCA permette di misurare gli impatti ambientali più rilevanti della maggior parte dei prodotti e servizi, attingendo a inventari di dati che crescono in misura esponenziale, accessibili in rete a ricercatori e professionisti.
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Tra di essi il ricorrere all'epoca del fenomeno dello smog, specie a Londra.
Una nebbia scura e tossica che avvolgeva periodicamente la capitale, dovuta all'impiego del carbone nei focolari domestici, frammisti a quelli industriali, mescolati in quegli anni all'interno del tessuto urbano, generando episodi parossistici.
Di essi è noto in particolare quello del dicembre del 1952, quando una cortina densa e maleodorante ricadde sulla città, restandoci per alcuni giorni e producendo migliaia di decessi e centinaia di migliaia di ammalati, che obbligarono a prendere coscienza del progressivo deteriorarsi di condizioni diventate insostenibili.
Un evento, questo ed altri, che obbligò la comunità scientifica ad approfondire le questioni poste dall'uso sconsiderato delle risorse e a proporre l'adozione di forme regolamentari.
Ne sono esempio in Italia la legge antismog, la 615 del 13 luglio 1966 "Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico", dieci anni dopo l'altrettanto famosa legge Merli del 10 maggio 1976 "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento" e tanti altri provvedimenti contemporanei e successivi.
Conseguenze di studi e ricerche avviati nel periodo, come quello famoso commissionato dal Club di Roma nel 1972 al MIT, Massachusetts Institute of Technology, e numerosi altri predisposti negli anni da organizzazioni pubbliche e private impegnate nella materia (1).
In particolare l'ancora più famoso Rapporto Bruntland "Our Common Future" del 1987, elaborato dalla World Commission on Environment and Development, costituita dall'ONU nel 1983, nel quale venne introdotto per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile.
Tra le numerose ricerche e attività che ne sono derivate nel periodo successivo, assai innovativa è stata l'attività di ZERI - Zero
Emission Research and Initiatives.
Una serie di ricerche svolte da una rete internazionale di 3000 tecnologi ed economisti, costituita per iniziativa di Gunter Pauli, indirizzate allo sviluppo di nuovi processi produttivi di elevata qualità, dove gli scarti di un processo vengono utilizzati come materie prime per un altro in un circuito che minimizza il rilascio di rifiuti e il conseguente carico che grava sull'ambiente. In tal modo traguardando l'obiettivo di avvicinare uno zero molteplice.
Zero scarti ed emissioni, per l'alta conversione di materiali ed energia, un conseguente zero impatto sull'ecosistema e zero incidenti per l'alta sicurezza che assicura la grande qualità. Un'espressione "Net Zero", ora molto familiare come slogan del Green Deal, per intendere il raggiungimento di zero emissioni nette di gas serra a metà secolo, all'epoca considerato però un obiettivo teorico e avveniristico.
Pure perché implicava la pretesa, ritenuta eccessiva e utopistica, di conoscere completamente, in tutti i loro aspetti e dettagli, i sistemi i processi produttivi nel loro svolgimento e percorso. Nel loro intero ciclo, come si dice, dalla culla alla tomba, ovvero dall'estrazione delle materie prime, al loro trasporto, alla fabbricazione dei manufatti, alla distribuzione, all'uso, riuso, demolizione, riciclo, smaltimento e neutralizzazione dei rifiuti.
LA TRENTENNALE AZIONE DELL'LCA
Di qui la nascita della LCA e dei suoi metodi di analisi con procedimenti oggettivi di valutazione dei carichi energetici ed ambientali relativi ad uno specifico processo o attività nei vari segmenti, tramite l'identificazione dei materiali impiegati, dell'energia e degli scarti associati ad ogni singolo passaggio.
Una necessità resa indispensabile dalla pressante questione ambientale e dal riscaldamento globale che ne rappresenta l'aspetto più emblematico.
Utilizzata dai primi anni '90, l'LCA è una prassi ormai molto diffusa, a seguito della pubblicazione delle prime linee guida nel 1993 e alla successiva pubblicazione delle norme ISO della serie 14000 sui sistemi di gestione ambientale a partire dal 1996.
Dunque, un trentennio, durante il quale molta acqua è passata sotto i ponti per merito del lavoro collettivo e del continuo sforzo degli stakeholder (2).
Così nel frattempo la codificazione della metodologia si è ampliata e ramificata, andando ben oltre gli inizi, quando le valutazioni riguardavano sostanzialmente il consumo delle risorse materiali, in primis energetiche, e l'entità dei rifiuti solidi generati dai processi. In tal modo, oggi l'attuale LCA permette di misurare gli impatti ambientali più rilevanti della maggior parte dei prodotti e servizi, attingendo a inventari di dati che crescono in misura esponenziale, accessibili in rete a ricercatori e professionisti.
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Pierangelo Andreini - ATI Associazione Termotecnica Italiana
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