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PNIEC, nucleare e phase-out del carbone
L'unica novità del PNIEC 2024 riguarda il ricorso al nucleare, giustificato perché "La letteratura scientifica internazionale è concorde nell'affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente". Concordanza che non trova però riscontro nella letteratura scientifica internazionale, dove sul tema esiste un animato dibattito.
A titolo esemplificativo, mi limito a citare il rapporto redatto da Fabian Präger ed altri cinque accademici, "Evaluating nuclear power's suitability for climate change mitigation: technical risks, economic implications and incompatibility with renewable energy systems": altrettanto perentorio, ma di segno contrario.
L'opzione tecnologica prescelta dal PNIEC è lo Small Modular Reactor (SMR) che, pur essendo stato proposto per la prima volta trent'anni fa, non ha ancora superato la prova del budino: realizzare un PWR di 300 MW e verificare che il suo costo unitario è inferiore a quello di un PWR di grande taglia.
La prova del budino manca perché, informazione ignorata dal Piano, diversi progetti hanno raggiunto conclusioni di segno opposto, ad esempio determinando l'abbandono degli SMR da parte di EdF e dell'azienda americana NuScale Power.
Per contro, il PNIEC informa che tre gruppi di lavoro, coordinati dal Mase con RSE ed Enea, hanno valutato i potenziali di sviluppo, i costi e le prestazioni degli SMR su un orizzonte temporale fino al 2050, concludendo che lo scenario conservativo "Con nucleare" sarebbe in grado di raggiungere l'obiettivo "Net Zero" ad un costo stimato di circa 17 miliardi di euro, inferiore a quello dello scenario senza nucleare.
Propone pertanto l'obiettivo di una capacità nucleare che, partendo da 0,4 GW nel 2035, sale a 7,6 GW nel 2050.
Ma Il Piano e sul sito del MASE la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile non forniscono dati che confermino queste conclusioni.
Solo recentemente mi è stato preannunciato che i dati sensibili verranno pubblicati a settembre. Mentre scrivo queste righe, ignoro se questa scadenza sarà rispettata.
È comunque lecito sospettare che il ritardo sia dovuto alla necessità di sottoporre i dati ad ulteriori revisioni.
Altra novità, la chiusura di tutte le centrali a carbone, prima prevista entro il 2025, viene rinviata alla fine del decennio. Il completamento del phaseout è infatti subordinato a quello della tratta "interconnessione elettrica Sardegna-Sicilia" del Tyrrhenian link, previsto a gennaio 2029, che dovrebbe consentire il phase-out dei residui 265 MW a carbone sardi. Il condizionale è d'obbligo.
Per rispettare la nuova data occorre infatti che "si verifichino le seguenti condizioni abilitanti":
- crescita della domanda di energia elettrica in linea con le attuali previsioni di Terna, contenute nel documento di scenario congiunto Terna-Snam, in assenza quindi di possibili rilevanti incrementi oggi non prevedibili;
- crescita delle FER e degli accumuli in linea con gli obiettivi previsti al 2030;
- entrata in esercizio dei gruppi di generazione selezionati nell'ambito del capacity market (aste 2022, 2023 e 2024), inclusi quelli al momento non ancora autorizzati;
- assenza di dismissioni di impianti di generazione a gas oggi in esercizio e di significative riduzioni dell'import disponibile, in particolare dalla frontiera Nord.
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A titolo esemplificativo, mi limito a citare il rapporto redatto da Fabian Präger ed altri cinque accademici, "Evaluating nuclear power's suitability for climate change mitigation: technical risks, economic implications and incompatibility with renewable energy systems": altrettanto perentorio, ma di segno contrario.
L'opzione tecnologica prescelta dal PNIEC è lo Small Modular Reactor (SMR) che, pur essendo stato proposto per la prima volta trent'anni fa, non ha ancora superato la prova del budino: realizzare un PWR di 300 MW e verificare che il suo costo unitario è inferiore a quello di un PWR di grande taglia.
La prova del budino manca perché, informazione ignorata dal Piano, diversi progetti hanno raggiunto conclusioni di segno opposto, ad esempio determinando l'abbandono degli SMR da parte di EdF e dell'azienda americana NuScale Power.
Per contro, il PNIEC informa che tre gruppi di lavoro, coordinati dal Mase con RSE ed Enea, hanno valutato i potenziali di sviluppo, i costi e le prestazioni degli SMR su un orizzonte temporale fino al 2050, concludendo che lo scenario conservativo "Con nucleare" sarebbe in grado di raggiungere l'obiettivo "Net Zero" ad un costo stimato di circa 17 miliardi di euro, inferiore a quello dello scenario senza nucleare.
Propone pertanto l'obiettivo di una capacità nucleare che, partendo da 0,4 GW nel 2035, sale a 7,6 GW nel 2050.
Ma Il Piano e sul sito del MASE la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile non forniscono dati che confermino queste conclusioni.
Solo recentemente mi è stato preannunciato che i dati sensibili verranno pubblicati a settembre. Mentre scrivo queste righe, ignoro se questa scadenza sarà rispettata.
È comunque lecito sospettare che il ritardo sia dovuto alla necessità di sottoporre i dati ad ulteriori revisioni.
Altra novità, la chiusura di tutte le centrali a carbone, prima prevista entro il 2025, viene rinviata alla fine del decennio. Il completamento del phaseout è infatti subordinato a quello della tratta "interconnessione elettrica Sardegna-Sicilia" del Tyrrhenian link, previsto a gennaio 2029, che dovrebbe consentire il phase-out dei residui 265 MW a carbone sardi. Il condizionale è d'obbligo.
Per rispettare la nuova data occorre infatti che "si verifichino le seguenti condizioni abilitanti":
- crescita della domanda di energia elettrica in linea con le attuali previsioni di Terna, contenute nel documento di scenario congiunto Terna-Snam, in assenza quindi di possibili rilevanti incrementi oggi non prevedibili;
- crescita delle FER e degli accumuli in linea con gli obiettivi previsti al 2030;
- entrata in esercizio dei gruppi di generazione selezionati nell'ambito del capacity market (aste 2022, 2023 e 2024), inclusi quelli al momento non ancora autorizzati;
- assenza di dismissioni di impianti di generazione a gas oggi in esercizio e di significative riduzioni dell'import disponibile, in particolare dalla frontiera Nord.
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GB Zorzoli - AIEE - Associazione Italiana Economisti dell'Energia
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